In questo momento sul nostro pianeta ci sono circa 170 guerre in atto. A differenza delle altre la guerra in Ucraina rappresenta uno snodo nevralgico perché generalizza ed estende i contenuti del conflitto configurandosi come scontro di civiltà e – guardando oltre – come lotta per le fonti energetiche. Per questi motivi, contrapponendo sempre più direttamente i maggiori contendenti mondiali, è particolarmente pericolosa e complessa da gestire diplomaticamente. Quale stato, per un motivo o per l’altro, non è parte in causa?
La drammatica forzatura dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, al netto delle diffuse e diversificate responsabilità storiche, è ancora giocata come una guerra totalmente inserita all’interno di una logica geopolitica di un’era fa, ma irresponsabilmente avviata in uno scenario tanto diverso quanto inedito; inasprito anche da una serie di recenti, laceranti e ripetute crisi; il tutto all’ombra di una drammatica emergenza ambientale che si configura anche come emergenza energetica.
In questa situazione e da anni, come ricorda Papa Francesco, stiamo già combattendo una specie di 3a guerra mondiale ancora sbriciolata, ma il rischio che si unifichi e vada fuori controllo e’ sempre più serio, divenendo così sempre più difficile trovare soluzioni per ogni singolo conflitto. Per questo e purtroppo, penso “Che piaccia o no, le opzioni ora si riducono a un brutto risultato che premia piuttosto che punire Putin per l’atto di aggressione, o la forte possibilità di una guerra terminale. Può sembrare gratificante mettere l’orso in un angolo da cui affonderà nella disperazione, e si può farlo. Però non è saggio. Nel frattempo, dovremmo fare tutto il possibile per offrire un sostegno significativo a coloro che difendono coraggiosamente la loro patria contro aggressori crudeli, a coloro che sfuggono agli orrori e alle migliaia di russi coraggiosi che si oppongono pubblicamente al crimine del loro stato con grande rischio personale – una lezione per tutti.” (Da un’intervista a A. N. Chomsky).
Da più parti e giustamente s’invoca la diplomazia come strumento centrale per porre termine al conflitto russo – ucraino. Ma chi può gestire e soprattutto guidare un’azione diplomatica in grado di raggiungere questo difficile obiettivo? Non gli USA che è una delle controparti centrali; non l’Europa che non è sufficientemente unita, che ha interessi diretti e che quindi non è così autorevole da poter imporre un tavolo di confronto; non Erdogan che ha interessi specifici ed immediati in quell’aria; non Israele che gioca in un altro e complesso scacchiere (e che per essere credibile farebbe meglio a contribuire a risolvere pacificamente il conflitto con i Palestinesi); non la Cina che per diventare una potenza economica di primissimo piano ha interesse a distendere il clima globale, ma ha anche interessi strategici nell’aria del pacifico e sogna Taiwan; non l’India guidata da un nazionalista e fanatico induista in una terra dove convivono (non sempre in pace) molte e diverse religioni. Non l’ONU che può essere bloccata da un solo veto. E di certo non da Putin che ha giocato una carta azzardata ed ora, per poter consolidare il proprio potere, deve, in qualche modo, obbligatoriamente vincere qualcosa. E quindi?
Forse un eclatante, coraggioso quanto comprensibilmente improbabile gesto del Papa – gesto del quale si inizia a sussurrare – potrebbe portare ad un provvisorio, ma umanissimo ed urgente cessate il fuoco; e poi?
Ma un’alternativa ci potrebbe essere; è quella di avere il coraggio, la determinazione e la capacità di affrontare il quadro globalmente. Il mondo ha urgente bisogno di una nuova specie di Yalta, una Yalta non solo dei più forti e all’altezza delle sfide che ci attendono. Vorrebbe dire che l’umanità ha compreso che siamo in un’altra era, con altri bisogni e nuove prospettive.
Ma guardandomi intorno, mentre le istituzioni globali sono costrette nell’inefficacia, non vedo ancora alcun attore in grado di guidare questo processo; tutti i “grandi” mi sembrano pericolosi nani, ancora strutturalmente ancorati al secolo scorso ed offuscati da diversificate ed antiche forme di neonazionalismo.
Nel frattempo, la crisi climatica volge al peggio, i civili ucraini e di tutte le guerre pagano un prezzo altissimo ed il quadro internazionale fibrilla pericolosamente. Speriamo che la saggezza prevalga, ma c’è di che preoccuparsi veramente.
by MF