Di Sandro Innaccone Giornalista scientifico
Dal sito della rivista Wired 2018
Sono più richiesti che mai. E sono sempre più sofisticati e realistici: ecco cosa sta succedendo nell’industria dei robot sessuali, tra etica, salute e tecnologia.
Scrivono articoli e poesie. Guidano automobili. Eseguono operazioni chirurgiche. E fanno anche l’amore: i robot del sesso sono già tra noi, e grazie alle innovazioni nell’ambito della meccanica, dell’elettronica e dell’intelligenza artificiale, stanno diventando sempre più realistici, sofisticati e popolari. Tanto che, secondo le stime di Ian Pearson, futurologo e politico britannico, entro il 2050 gli esseri umani avranno più rapporti sessuali con robot che tra di loro (per le donne, il turning point sarebbe addirittura ancora più vicino, previsto per il 2025). Un’altra spia che ne indica la pervasività è la notizia che, a febbraio scorso, nel Regno Unito è stato aperto “il primo bordello con bambole robotiche”, i cui clienti – dice il claim – “non si preoccupano se le bambole sono state usate prima di loro”. La Francia ha seguito a ruota: a Parigi è stato inaugurato un altro club che offre ai propri clienti i servizi di bambole in silicone, lingerie e transistor, permettendo loro di scegliere tra quattro modelli che differiscono per forma, colori e dimensioni.
L’avvento dei sex robot è accompagnato da una pletora di discussioni di diversa natura, che oltre alla tecnologia investono anche i campi dell’etica, della giurisprudenza e della salute. Ecco alcuni tra gli spunti più interessanti.
Modelli per tutte le tasche
In fatto di robot del sesso la scelta è molto ampia. E il mercato offre proposte per tutte le tasche e le esigenze. Uno dei primi dispositivi è stato quello prodotto dalla Abyss Creations, azienda fondata nel 1997 da Matt McMullen. Come vi avevamo raccontato, McMullen, da studente di arti applicate e appassionato di fumetti, si è presto trasformato in abile imprenditore del sesso: ha cominciato a costruire donne e uomini ideali quasi per gioco, esponendoli in fiere e convention e senza prevedere per loro lo svolgimento di attività di tipo sessuale; poi, vista l’enorme richiesta, si è subito attrezzato. Le sue RealDoll (entrate nell’immaginario collettivo al punto da diventare protagoniste di un film, Lars e una ragazza tutta sua) sono presto diventate oggetto del desiderio di molti, che con una spesa tutto sommato modica (all’incirca 5mila dollari) si sono portati a casa un androide iperrealistico a grandezza naturale.
I primi esemplari, però, erano poco più che semplici manichini: la vera svolta è arrivata a dicembre scorso, quando McMullen, in collaborazione con Realbotix, ha lanciato sul mercato il suo primo modello di sex robot dotato di intelligenza artificiale, di capacità di movimento e – udite udite – di una personalità. Harmony, questo il suo nome, ha una testa robotizzatache muove le labbra e riproduce diverse espressioni facciali; la sua pelle è riscaldata, in modo da imitare il più possibile la cute umana, ed è disseminata di sensori, che inviano segnali al cervello computerizzato e le permettono di sapere dove viene toccata e reagire di conseguenza fino a raggiungere l’orgasmo. Intelligenza artificiale, dicevamo: il software di Harmony permette di plasmarne la personalità e le caratteristiche, scegliendo tra intelligente, romantica, lunatica, timida, intraprendente. E le conferisce anche una (limitata, per ora) libertà di azione, nel senso che la bambola può offendersi se viene trascurata o prendere l’iniziativa se il suo proprietario non lo fa abbastanza spesso. Il prezzo? Da 15 a 50mila dollari, a seconda degli optional.
Compagna di Harmony (che in realtà è venduta, tramite appositi optional, anche in versione maschile) è Samantha, arrivata sul mercato più o meno nello stesso periodo e con le medesime caratteristiche (e stesso prezzo): iperrealistica, ultra tecnologica, capace di comprendere le barzellette e conversare di filosofia, scienze e animali, e in grado di reagire a voce e tatto del suo proprietario. Tanto che (ma questo lo sostiene Sergi Santos, il suo creatore) molti uomini se ne sarebbero addirittura innamorati. E ancora: Solana, altro robot made by McMullan presentato allo scorso Ces 2018, addirittura controllabile da smartphone, tramite app.
Quali benefici (o rischi) per la salute?
Che dire, invece, della relazione tra uso (e abuso) dei sex robot e salute? Uno studio appena pubblicato su Bmj Sexual & Reproductive Health, a firma di un’équipe di scienziati dei St. George’s University Hospitals e del King’s Kollege London ha appena messo insieme i risultati di tutta la letteratura sul tema. Concludendo, racconta il Washington Post, così come avevano iniziato, ovvero senza niente in mano. “Non esistono dati primari sui sex robot. Consigliamo quindi che tali robot non siano usati nella pratica medica”, dicono gli autori. “Almeno non prima che si accumulino sufficienti dati, raccolti in modo robusto ed etico”. In particolare, i ricercatori si sono chiesti (senza però trovare risposta al momento, come abbiamo visto) se i sex robot possano avere un valore terapeutico per trattare, per esempio, pazienti con problemi della libido, disfunzione erettile, eiaculazione precoce e, in generale, disturbi della sfera sessuale legati all’ansia generata dal dover interagire con partner umani. Se da un lato sembra che effettivamente i dispositivi possano essere in qualche modo d’aiuto in questo senso, dall’altro però emerge anche il problema della perdita di intimità con i propri simili, ragion per cui “rimane non dimostrato il fatto che i bisogni dei pazienti potrebbero essere soddisfatti: l’impiego dei sex robot, al contrario, potrebbe peggiorare le cose”. Stessa vaga risposta per la questione relativa all’uso dei sex robot per il trattamento della pedofilia e di devianze sessuali illegali: “Data la debolezza delle prove finora raccolte”, dicono ancora gli autori del lavoro, “raccomandiamo grande cautela nell’uso sex robot dalle sembianze di bambini come possibile terapia anti pedofilia”.
E l’etica?
Le questioni appena sollevate dalla comunità scientifica sconfinano, come si è visto, nell’etica. Questioni di cui si continuerà a parlare ancora a lungo. A occuparsene, tra gli altri, sono stati gli esperti di Responsible Robotics, che hanno pubblicato un report dal titolo “Il nostro futuro sessuale con i robot” per “preparare la società alle potenziali conseguenze dell’uso diffuso dei sex robot”. In particolare, il documento cerca di rispondere a sette domande di natura etica e giuridica, indicando delle possibili linee guida da adottare e seguire nel futuro. Ce ne eravamo occupati anche su Wired, raccontandovi il punto di vista di Gianmarco Veruggio, ingegnere robotico sperimentale, direttore di ricerca al Cnr di Genova e ideatore della “roboetica”, la disciplina che studia gli aspetti etici, legali e sociali della robotica. In merito a questioni legate a violenza e pedofilia, Veruggio spiegava che “difficilmente ci troveremo mai davanti a scenari alla Blade Runner, una specie di schiavitù sessuale in cui i robot saranno le vittime: con la tecnologia attuale sarebbe impossibile. Il problema non è se il robot prova sofferenza, ma quello che proviamo noi. Se ci abituiamo, per esempio, a picchiare un androide, lui non sente dolore, ma è lecito immaginare che prima o poi noi saremo soggetti a una desensibilizzazione anche in altri ambiti. E questo non è mai un bene”. Per non parlare, poi, di tutte le questioni legate alla sicurezza e alla privacy: “I sex robot”, concludeva Varuggio, “avranno bisogno di essere regolarmente collegati alla rete per aggiornamenti, cosa che li espone a virus, hackeraggio, furto di dati sensibili. Per poter interagire, queste bambole sono sicuramente dotate di microfoni e telecamere: come, e dove, vengono archiviati i file audio e video? Chi ne ha accesso, chi li possiede legalmente? Che uso verrà fatto della mappatura delle preferenze degli utenti?”. Domande sacrosante, cui è indispensabile trovare una risposta. Prima che sia troppo tardi.