Il tratto distintivo è la visione circolare e la capacità di includere valore e non solo di estrarlo. Un mondo che oggi può essere dilatato attraverso 3 principi: la cooperazione, la condivisione e la collaborazione
L’economia di mercato nella quale viviamo da sempre si è basata sul “co”: infatti, che altro sono la competizione (“correre verso lo stesso risultato”) o la concorrenza (“correre insieme nella stessa direzione”) se non modi per organizzare – attraverso il sistema dei prezzi e la moneta – la relazione tra un numero molto elevato di agenti economici?
Da questa prima osservazione è possibile trarre un’affermazione generale: non esiste, nella realtà, economia che non sia una co-economy. A cambiare sono piuttosto le forme storiche e sociali prese dalla natura “co”. Un cambio di paradigma che nella pratica si traduce in nuove e molteplici modalità di produrre valore da parte delle istituzioni che organizzano e gestiscono economia e società: imprese di capitali, organizzazioni non profit e cooperative.
È, dunque, in ordine a queste trasformazioni che occorre fare riferimento quando si parla di “co-economy”. Non tanto ad un immaginario passaggio dall’individuo al gruppo, quanto alle più o meno recenti forme di relazione economica e sociale spinte dalle nuove tecnologiche (legate fondamentalmente alla rete e alla digitalizzazione) e alle nuove condizioni culturali derivanti dall’emergere, almeno in forma latente, di una nuova domanda centrata attorno a beni a più elevato contenuto relazionale.
Il tratto distintivo di queste economie è la visione circolare e la capacità di includere valore e non solo di estrarlo. Un nucleo, quello della co-economy, che oggi può essere dilatato attraverso 3 principi: la cooperazione (per la sua capacità di tenere insieme mezzi e fini e di legarsi alla comunità), la condivisione (attraverso una visione d’impresa orientata al valore condiviso, capace di superare il dogma della massimizzazione del profitto) e la collaborazione (promossa da quelle piattaforme digitali e relazionali capaci di alimentare soluzioni e significati e non tanto modelli di business).
Sono economie emergenti che si legano a principi antichi e che si aprono alla tecnologia con l’intento di generare uno sviluppo umano integrale.
Di Paolo Venturi – 27 luglio su http://www.vita.it/ e tratto da Nòva – Il Sole 24 Ore del 26 luglio 2018