Libro: Io sono Giorgia

Preparato al “peggio”, non abituato alla lettura di un libro di un politico dichiaratamente ed orgogliosamente di “destra”, ho letto “Io sono Giorgia”. Devo dire che il testo è leggibile, non è un insopportabile tentativo di saggio politico e fa capire un po’ di cose sulla figura e sul pensiero della nuova presidente del consiglio.

Per oltre la metà del libro le sue idee emergono passo, passo dalla narrazione prevalentemente biografica; in qualche modo riesce a concretizzarle (rendendole accessibili) a partire dalla sua esperienza di vita anche con una buona dose di autoironia. Nella seconda parte, dove affronta un po’ più in generale la visione politica, la narrazione (anche quella storica) è quanto meno superficiale (sorvola sull’avvento del nazifascismo e gli esiti della seconda guerra mondiale) e crolla dietro una visione chiaramente ideologica; qui la narrazione soffre della stessa superficialità ed ideologizzazione delle quali – più volte nella narrazione – la Meloni accusa la “sinistra occidentale”.

Ma temi ce ne sono, a partire della centralità dell’ “identità” come perno per la unificazione degli interessi di diversificati strati sociali (probabilmente una delle principali componenti del suo attuale successo) c’è l’immagine di un sofferto leaderismo al femminile che sa dove vuole giungere. Il libro più che un progetto populista presenta tutti gli elementi storici ed attuali di una “destra sociale”: il popolo oppresso dai poteri forti, un europeismo nazionalistico, un nuovo nazionalismo mondiale come base per la multilateralità ed uno spericolato eclettismo culturale sintetizzato da diversi studiosi spiccatamente conservatori e non. Nega con forza il razzismo proponendo un’analisi, devo dire interessante, sulla situazione africana e sulla questione demografica. C’è un continuo richiamo ai valori storici dei popoli (ancora come base della questione identitaria), ma valori di un tempo che fu, cioè decontestualizzati dalla storia (il patriota del risorgimento è cosa diversa dal patriota di un regime o da quello che lotta per abbatte una dittatura). Manca in toto la prospettiva del nuovo secolo, la rivoluzione tecnologica e l’emergenza climatica che viene accennata in poche righe come una non meglio identificata necessità di una localistica salvaguardia dell’ambiente. Nel libro c’è il tentativo di non fare accademia, ma di proporre una politica concreta, legata alla realtà di tutti i giorni; ed in qualche modo ci riesce. Stona clamorosamente l’accusa alla “sinistra” di “censurare” e nascondere verità; si dimentica colpevolmente che a bruciare i libri e ad imporre la censura storicamente sono sempre stati i conservatori più arrabbiati, gli integralisti religiosi o gli inquisitori di ogni risma. Ma è un libro orgogliosamente di destra che immagino voglia parlare a destra, quindi niente di cui stupirsi.

Alla fine il libro fa emergere un dubbio; poiché la Meloni oggi è la presidente del consiglio, ciò che vi è descritto sono i primi passi di un ancor inconfessabile progetto verso una prossima accelerazione in senso nazional-populistico (con tutto quello che ciò comporta) o verso una “destra-destra 2,0”? Cioè una destra che tenta (per il momento non nel migliore dei modi) di confrontarsi con il nuovo secolo? Non lo so.

Ultimo, sintetico, ma penso significativo, spunto di riflessione. Mentre a sinistra per due anni si è dileggiato il capo del movimento 5s e poi ministro Di Maio come “bibitaro” indegno di svolgere il ruolo che (bene o male) si è conquistato (comunicando così – magari inconsapevolmente – una specie di snobbistico diniego alle possibilità di accesso “all’ascensore sociale” per i più deboli), la Meloni nel libro rivendica invece con orgoglio di aver fatto la barista e la babysister, lavori da cui è partita per giungere poi, attraverso la vita politica, a dove è arrivata. Forse, almeno su questa cosa, bisognerebbe riflettere un po’.

M.F.

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