Figlia e nipote di allevatori, Nathalie Rolland ha fondato l’associazione «Agriculture cellulaire France» per promuovere e sostenere l’attività che potrebbe, almeno nelle intenzioni, eliminare o almeno ridimensionare sensibilmente il mestiere della sua famiglia. La carne coltivata in laboratorio è la nuova frontiere per decine di start-up che stanno sorgendo in tutto il mondo, e anche in Francia. «Una sola mucca “donatrice” potrebbe fornire 175 milioni di hamburger, gli stessi che oggi vengono prodotti uccidendo 440 mila animali», ha spiegato a Libération Rolland, che ha lavorato nell’équipe del ricercatore olandese Mark Post (all’origine della prima bistecca creata in vitro, nel 2013). Ma in Francia, il Paese che dedica all’agricoltura e all’allevamento la più vasta superficie d’Europa (30 milioni di ettari), l’alternativa di laboratorio e incruenta alla carne frutto della macellazione crea diffidenza e ostilità, a cominciare dal governo.
Carne sintetica, le start up
«La start-up nation» è lo slogan più amato da Macron e anche il più discusso: con una formula in lingua inglese, pretende di proiettare un Paese di storia e tradizioni millenarie in un futuro fatto di economia digitale, innovazione e micro-imprenditorialità diffusa. Le start-up sono incoraggiate e promosse da Macron e dal governo, ma non quelle che cominciano a occuparsi di biotecnologie applicate alla carne di laboratorio. Nel 2020 sono stati raccolti in Francia 86 milioni di euro per finanziarie le ricerche, contro 9 milioni nel 2019. Il settore è quindi in crescita, eppure il governo frena. Alla notizia che Singapore aveva autorizzato la vendita di carne di pollo prodotta in laboratorio, il potente ministro francese dell’Agricoltura, Julien Denormandie, ha reagito senza sfumature: «Davvero è questa la società che vogliamo per i nostri figli? Io no. Lo dico chiaramente: la carne viene da ciò che è vivo, non dai laboratori. Potete contare su di me perché in Francia la carne resti naturale e mai artificiale». L’intenzione di tutelare la filiera degli allevatori è evidente.
Carne prodotta in laboratorio: i vantaggi per l’ambiente e gli animali
Ma se le ragioni economiche sono rispettabili, più confuse appaiono quelle di principio. Nessuno vuole privare gli allevatori del loro mestiere dalla sera al mattino. Ma i vantaggi della carne coltivata in vitro sono notevoli: il primo e ovvio, è che renderà possibile mangiare carne con un gusto del tutto simile a quella tradizionale, senza l’ingrediente della sofferenza dell’animale. Chi non riesce a rinunciare alle proteine della carne pur avvertendo il problema etico dello sfruttamento e dell’uccisione di milioni di esseri viventi senzienti, potrebbe avere la soluzione a portata di mano. C’è poi la questione ambientale, non secondaria. Secondo i calcoli del sito Frontiers in Sustainable Food Systems, la carne bovina prodotta in laboratorio a partire da cellule prelevate da una mucca ridurre l’impatto climaticoe la superficie destinata all’allevamento fino al 90 per cento, con i rischi per la salute legati agli allevamenti intensivi portati a zero. Le capacità tecnologiche sono ormai molto sofisticate, e la questione è arrivare a un prezzo che sia competitivo con le carni provenienti da allevamenti giganteschi come la «fattoria delle mille vacche» nata a Drucat, nel Nord della Francia, nel 2009, che peraltro non arriva a competere con la fattoria Almarai in Arabia saudita (95 mila vacche) o l’americana Fair Oaks (40 mila).
La ricerca e gli investimenti
Laboratori americani, israeliani, australiani e anche europei sono vicini al traguardo di produrre carne di provenienza cellulare, con una consistenza e gusto del tutto simile a quella di un animale macellato, e a un prezzo ragionevole. Le ricerche non sono limitate alla carne bovina ma presto sarà possibile mangiare salmone, selvaggina e anche prodotti di nicchia come la carne di canguro, senza uccidere animali. Nicolas Morin-Forest per esempio ha fondato la start-up Gourmeyper reinventare il foie gras, la più controversa delle specialità gastronomiche francesi. «Abbiamo scelto il foie gras per dimostrare che con le nuove tecniche si possono fare non solo hamburger o nuggets di pollo, ma anche prodotti molto sofisticati», dice. Mano a meno che la tecnologia avanza, la politica è chiamata a fare i conti con una nuova possibilità.