Da anni si sta assistendo ad una vero e proprio sterminio delle api. Tutti sapranno che il ruolo di questi insetti (insieme a quello di molti altri animali) è fondamentale per l’impollinazione di fiori e piante degli ecosistemi naturali e di moltissime coltivazioni – più o meno intensive – destinate all’economia umana ed in particolare all’alimentazione. Da questi insetti dipende più del 70% dell’impollinazione delle specie vegetali. Se scompaiono loro sono guai anche per noi e in circa quattro anni si stima che solo negli Stati Uniti tra il 20 e il 40% delle colonie di questi insetti siano stati interessati dalla sindrome dello spopolamento degli alveari (Colony Collapse Disorder, CCD).
Alcuni ricercatori statunitensi ipotizzano che un particolare fungo si sia combinato con un virus causando un’estesa epidemia che conduce le api alla morte; molti altri addebitano la responsabilità di questo drammatico fenomeno al degrado dell’ambiente ed alle mutazioni climatiche; altri ancora ritengono che – in particolare – la causa sia da identificare nell’uso (ed abuso) dei prodotti chimici nelle coltivazioni intensive. Probabilmente tutti questi fattori sono concause del problema.
Difficile rinunciare alla agricoltura intensiva a fronte di una popolazione umana in continua e forte crescita; ma è anche vero che così continuando – cioè insistendo a perseguire le modalità di sviluppo fin qui utilizzate – si contribuisce a mettere fortemente in discussione una sostenibilità del pianeta già pericolosamente lesa.
Al momento prevalentemente tre sono le tipologie di soluzioni adottate (o in via di studio) per sopperire alla carenza di Api. L’uso di manodopera umana per effettuare manualmente l’impollinazione (Cina); L’uso di insetti sostitutivi appositamente allevati tipo il Bombo (un insetto spesso confuso con il Calabrone); la progettazione e realizzazione di minidroni appositamente programmati allo scopo (allo studio negli USA, in Inghilterra ed in alcuni paesi asiatici).
E’ evidente che per l’umanità la priorità assoluta è quella di continuare a garantire l’impollinazione delle piante; ma è anche altrettanto chiaro che, così stando le cose, la preservazione delle api in quanto tali non sembra ancora essere riconosciuta come una priorità. La persistente logica è quella della reificazione ancorché si tratti di animali senzienti. Cose che si sono guastate o che non servono più e possono essere gettate via o sostituite da un qualche marchingegno. Anche in questo caso si ripropone la logica che ci ha fin qui malamente guidato: la mercificazione del pianeta e l’ipersfruttamento delle sue risorse. Ma così facendo chi impollinerà i boschi, i prati, le foreste o quei vasti territori che non producono ricchezza (quella cumulabile in banca)? Alla fine – magari proprio alla fine – è anche un fatto estetico: io preferisco un giardino dove svolazzano di fiore in fiore quei piccoli animali giallo-neri (che producono anche il miele) piuttosto che dei minuscoli marchingegnetti ipertecnologici usa e getta (anche se non pungono!), ma senza un’anima ed una sapiente storia evolutiva alle spalle.
By M.F.