Il cosmo è immenso, popolato da miliardi di miliardi di stelle e le leggi che lo regolano sembrano essere universali. Non c’è ragione di credere che in tale contesto la vita debba essere presente unicamente in un piccolo pianeta posto nella periferia della nostra galassia. Allora perché fino ad oggi non siamo riusciti ad intercettare segni concreti della presenza di altre civiltà?1 I motivi possono essere tanti: l’immensità dello spazio interstellare che rende assolutamente complicato attraversarlo; la non sincronicità dei momenti (negli oltre 13 miliardi di anni della vita dell’universo) in cui diverse civiltà possono aver raggiunto adeguati livelli tecnologici, tali da poter gestire una qualche forma di comunicazione per noi intellegibile; oppure l’eventuale diverso interesse a comunicare nonché la possibile estinzione di quelle stesse civiltà.
Mentre le considerazioni probabilistiche ci danno la quasi certezza della presenza di altre forme di vita nell’universo, già i pochi vincoli precedentemente richiamati rendono assai prossima allo zero la possibilità di un incontro o di un contatto “qui ed ora” con lontane civiltà aliene. Queste valutazioni non escludono totalmente la possibilità che, anche tra qualche ora, si possa captare un segnale o avere un contatto; ma – allo stato dei fatti – possiamo ritenere la cosa molto improbabile.
L’evento del “contatto” diviene leggermente più probabile se si estende la finestra temporale di osservazione – ipotizziamo al passato – in un intervallo di qualche centinaio di migliaia di anni; tempo che comunque è niente rispetto alla scala temporale dell’universo. Ad oggi, anche guardando al passato, di questo tipo di eventi non abbiamo alcun riscontro certo o neanche ragionevolmente indiziario. Molti avanzano ipotesi, fanno considerazioni, accendono suggestioni; ma si tratta di un affascinante passatempo intellettuale il tutto però senza indizi concreti od evidenti testimonianze documentarie: nulla che non si possa spiegare anche in altro e più semplice modo. Ritengo poi da escludere le varie ipotesi complottistiche che, con diverse motivazioni, dovrebbero celare una qualche verità ai più. Difficilmente interi apparati (per quanto segreti), comunque formati da decine di uomini e donne riuscirebbero ad impedire che notizie così dirompenti (e coinvolgenti anche sul piano umano) trapelino.
Ma se il contatto avvenisse
o si potesse documentare che è realmente avvenuto nel passato?
Oltre ogni altra valutazione, se il contatto avvenisse (o avessimo la certezza che sia avvenuto nel passato) o se anche solo si ricevessero flebili segnali da civiltà lontane si tratterebbe di un evento epocale che ridefinirebbe tutta la storia dell’umanità nel suo rapporto con l’universo. Ritengo che sia opinione largamente condivisa che nessun’altra scoperta nella storia dell’umanità potrebbe vantare la stessa rilevanza sociologica, culturale e scientifica.
Se si trattasse di un segnale dallo spazio profondo sappiamo che l’abbiamo captato ora perché solo da pochi anni disponiamo della tecnologia necessaria per ascoltare l’universo. Se si trattasse di un contatto vero e proprio allora la casistica con cui confrontarci si estende a dismisura generando una quantità di quesiti. Primi tra tutti: “perché ora?” e “con quali finalità ed intenzioni?”
A fronte di un contatto fisico la prima ed unica certezza che potremo avere sarà quella che ci troveremo di fronte una civiltà estremamente più avanzata della nostra. Una civiltà in grado di affrontare imprese che sono possibili solo con conoscenze scientifiche e tecnologiche immensamente superiori alle nostre. Si tratterebbe di un contatto con una civiltà padrona di una qualche “superintelligenza”2 capace di comprendere molti dei segreti ultimi dell’universo ed in grado di progettare soluzioni tecnologiche per noi forse appena immaginabili. Non è detto neppure che ci troveremo di fronte ad un’intelligenza magari più evoluta, ma simile alla nostra. Potrebbe trattarsi invece dell’evoluzione di un qualcosa di originale, che magari rimanda ai primi timidi segni già apparsi (come schemi non previsti) nei processi di AI che fin qui abbiamo progettati e conosciuti3. La chiave per comprendere potrebbe non essere necessariamente un approccio antropico, così come non è scontato che ci troveremo di fronte ad esseri biologici; potremmo invece incontrare macchine superintelligenti “generate” per scopi a noi ignoti. La visione degli ET come esseri biologici (omini verdi, grigi o multicolori) semplicemente “buoni” o “cattivi” (secondo le nostre categorie di analisi ed il nostro attuale immaginario) è tutt’altro che certa; anzi tale interpretazione porebbe rappresentare un limite cognitivo che ancora non siamo in grado di superare.
Perché qui ed ora? Con quali intenzioni? Ritengo molto improbabile che un eventuale incontro possa essere semplicemente frutto di un caso capitato ad una qualche Enterprise aliena che vaga nell’universo alla ricerca di altre civiltà. Molti, tra i sostenitori del contatto, ritengono che la presunta presenza (più o meno discreta) di entità aliene nel nostro pianeta stia avvenendo perché ormai abbiamo raggiunto una certa padronanza dell’energia nucleare, fatto questo che potrebbe rappresentare un serio pericolo per noi e, in un prossimo futuro, anche per altre civiltà. Dubito che sia così. Una superintelligenza con una tecnologia in grado di monitorare l’universo ed organizzare viaggi spaziali misurabili in anni luce probabilmente considererebbe le nostre armi atomiche come petardoni in mano a fanciulli incoscienti e scapestrati. Unico vero rischio un’autodistruzione dell’umanità che certo non comporterebbe alcun serio fastidio al resto dell’universo. Anzi il dramma potrebbe essere che agli occhi di una fredda superintelligenza, l’evento autodistruttivo potrebbe addirittura risultare auspicabile: un lontano fastidio in meno. Bisogna poi tener sempre presente che, se le intenzioni di un contatto da parte di una superintelligenza (aliena o meno?) fossero predatorie (se non altro secondo la visione umana), allora ci sarebbe ben poco da fare o da contraporre. Nell’ottimistico quadro di una visione benevola, cioè di una superintelligenza aliena volta ad aiutare il progresso delle diverse civiltà nelle fasi più critiche della loro evoluzione, mi domando come mai – per intenderci e semplificare – eventi come quelli descritti nel film “Ultimatum alla terra” non siano ancora avvenuti.
A mio avviso c’è però un’altra questione che potrebbe veramente stuzzicare l’attenzione di eventuali civiltà aliene super evolute e, soprattutto, in grado di monitorare le “cronache locali” dell’universo; un evento in divenire ed in grado di renderci capaci di agire a livello cosmico: il progressivo evolversi dell’IA che potrebbe condurre anche l’umanità a sviluppare, in tempi medio lunghi, forme di superintelligenze tecnologiche le cui prospettive d’azione potrebbero ben presto espandersi in un’area ben più vasta del “ristretto” ambito planetario.
Se un giorno si potesse concretamente documentare che un qualche contatto è realmente avvenuto nel passato? E’ forse l’ipotesi più affascinante oltre che rassicurante perché, visto che siamo ancora qui, sembrerebbe escludere un intento ferocemente predatorio. Si è trattato di una presenza di breve o lunga durata? Hanno interagito con la nostra evoluzione? Sono ancora qui o ritorneranno seguendo le linee di realizzazione di chissà quali progetti millenari? Dovremo riscrivere tutta la storia dell’umanità? Non si sa, non ci sono evidenze: nulla di nulla. Allo stato attuale dei fatti si tratta solo di affascinanti ipotesi ed interessanti, per quanto astratte, esercitazioni mentali. Alla fine però siamo tutti in attesa di un segnale. Nonostante gli esiti della ricerca fin qui deludenti ed oltre i possibili, drammatici rischi, l’obiettivo di sapere se siamo soli o meno nell’universo – per tuttoN quello che implica – merita comunque di essere perseguito con determinazione: la posta in gioco è troppo inquietante e nel contempo fantastica e grandiosa per essere anche solo minimamente sottovalutata.
1Paradosso di Fermi
2“Superintelligenza” di Nick Bostrom. Bollati Boringhieri editore – “La singolarità è vicina” di Ray Kurzweil. Apogeo editore – “L’algoritmo definitivo” di Pedro Domingos. Bollati Boringhieri editore.
3Vedi ancora nota 2; in particolare il libro di Bostrom