Ormai la materia non è più controversa. Quale che sia l’indicatore di disuguaglianza scelto da questa o quella scuola economica, si osserva una straordinaria convergenza di risultati: la disuguaglianza aumenta; dall’inizio di questo secolo il valore aggiunto della crescita economica va quasi per intero all’uno per cento più ricco della popolazione (alcuni parlano dello 0,5 o addirittura dello 0,1 per cento), mentre il livello di reddito e di patrimonio del resto della società è già – o è previsto – in calo. Il processo si è avviato subito dopo il 2000, e il tracollo del credito nel 2007 e 2008 l’ha ulteriormente accelerato, riportandoci a una situazione che nei cosiddetti paesi “sviluppati” dell’emisfero settentrionale non si vedeva dagli anni Venti del Novecento. Ecco qualche cifra che illustra i risultati dell’odierna condizione di disuguaglianze crescenti nelle singole società a livello planetario. Nel paese più ricco del mondo, gli Stati Uniti, le 160 mila famiglie più facoltose dispongono di un capitale pari a quello dei 145 milioni di famiglie più povere. Il “top” 10 per cento degli americani possiede l’86 per cento della ricchezza nazionale, lasciandone appena il 14 per cento al restante 90 per cento della popolazione. A livello globale (secondo l’ultimo resoconto del Credit Suisse), la metà più povera dell’umanità (3,5 miliardi di persone) possiede l’1 per cento di tutta la ricchezza mondiale: come le 85 persone più abbienti sulla Terra. ……… Parecchio tempo è dovuto passare prima che ci si accorgesse dell’avvio del processo, e ancor più ne è passato prima che quella percezione si facesse strada fino alle prime pagine dei quotidiani.
Da “retrotopia” di Zygmunt Bauman