Il postumanesimo,
il manifesto di Robert Pepperel
Dove si va o si rischia di andare?
E’ solo un esempio per provare a comprendere Un dibattito (molto articolato ed in corso da tempo) di grande attualità e strettamente legato ai temi della visione dell’umanità nell’era della tecnica.
THE POSTHUMAN MANIFESTO
TO UNDERSTAND HOW THE WORLD IS CHANGING IS TO CHANGE THE WORLD
MANIFESTO DEL POSTUMANO
CAPIRE COME IL MONDO CAMBIA È CAMBIARE IL MONDO
di Robert Pepperell
R. Pepperell (nato a Londra nel 1963) è un artista molto interessato alle problematiche inerenti ai rapporti tra l’arte, la tecnologia e la scienza. Ha pubblicato due volumi sui temi del post-umano: The Posthuman Condition (1995) e The Postdigital Membrane (2000). Il “manifesto del postumano” che qui presentiamo è una sintesi delle tesi postumaniste più diffuse, con qualche inquietante slittamento verso posizioni tras-umaniste.
I Dichiarazioni generali
1. E’ evidente che oggi gli uomini non sono più la cosa di maggior importanza nell’universo. Questo è qualcosa che gli umanisti devono ancora accettare.
2. L’intero progresso tecnologico della società umana è diretto verso la trasformazione delle razze umane come ora le conosciamo.
3. Nell’era postumana molte fedi diventano ridondanti – non ultima la fede negli esseri umani.
4. Gli esseri umani, come gli dei, esistono solo in quanto noi crediamo che esistano.
5. Il futuro non arriva mai.
6. Tutti gli umani non sono nati uguali, ma è troppo pericoloso non fingere che essi lo siano.
7. Nell’era postumana le macchine non saranno più macchine.
8. E’ un difetto degli uomini il bisogno di farsi dire da altri ciò che essi già sanno. Soltanto allora lo crederanno.
9. I postumanisti non cadono nella trappola di immaginare una società dove tutto funziona bene. Le teorie economiche e politiche sono futili come le previsioni del tempo a lunga scadenza.
10. Sali sull’onda o muori. Non puoi tenerla sotto controllo, ma puoi cavalcarla.
11. Oggi abbiamo capito che la cultura umana, la creatività e l’intelligenza sono definitivamente limitate.
12. Le macchine complesse sono una emergente forma di vita.
13. Una macchina complessa è una macchina di cui non comprendiamo nè controlliamo interamente le attività.
14. Come si sviluppano i computer per essere più simili agli umani, così si sviluppano gli umani per piacere di più ai computer.
15. Se possiamo pensare a macchine, allora le macchine possono pensare; se possiamo pensare a macchine che pensano, allora le macchine possono pensare a noi.
II Dichiarazioni sulla coscienza, sugli umani e sulla filosofia
Se la coscienza è una proprietà che emerge da uno specifico insieme di condizioni, per sintetizzarla non abbiamo bisogno di rimodellarla completamente. Abbiamo bisogno soltanto di ricreare le condizioni dalle quali può emergere. Ciò richiede di comprendere quali sono quelle condizioni.
1. La coscienza non è esclusivamente limitata al cervello.
2. La coscienza è la funzione di un organismo, non di un organo.
3. Non si comprende la coscienza studiando unicamente il cervello.
4. La mente e il corpo agiscono insieme per produrre coscienza. Se si è assenti la coscienza finisce. Non esiste un pensiero puro isolato dal corpo. Per funzionare il cervello deve essere collegato a un corpo, anche se il corpo è artificiale. La coscienza è un effetto che deriva dalla cooperazione di un cervello e di un corpo, noi pensiamo con tutto il nostro corpo.
5. Si può considerare la coscienza soltanto come una proprietà emergente. In questo senso è simile all’ebollizione: dati calore, gravità e pressione dell’aria sufficienti, l’acqua nel pentolino comincerà a bollire. Possiamo vedere che cos’è l’ebollizione, la riconosciamo come qualcosa cui diamo un nome, non la consideriamo misteriosa, eppure non possiamo isolarla dalle condizioni che l’hanno prodotta. Allo stesso modo, la coscienza è una proprietà che emerge da un dato sistema di condizioni.
6. Affermare che il pensiero conscio non è esclusivamente una funzione del cervello, non nega che il cervello abbia un ruolo importante.
7. I corpi umani non hanno confini.
8. Non si può tracciare una divisione finita tra l’ambiente, il corpo e il cervello. L’umano si può identificare, ma non definire.
9. La coscienza (la mente) e l’ambiente (la realtà) non possono essere seperati; sono continui.
10. Non c’è nulla di esterno all’umano, perché il limite di un umano non può essere fissato.
11. Se accettiamo che la mente e il corpo non possono assolutamente essere separati, e che il corpo e l’ambiente non possono assolutamente essere separati, ci troviamo allora con la conseguenza, apparentemente assurda ma consistente dal punto di vista logico, che la coscienza e l’ambiente non possono assolutamente essere separati.
12. All’inizio avevamo Dio, gli esseri umani e la natura. Gli umanisti fecero a meno di Dio, lasciando gli umani in un conflitto perpetuo con la natura. I postumanisti fanno a meno degli umani, lasciando soltanto la natura. La distinzione tra Dio, la natura e l’umanità non rappresenta alcuna eterna verità sulla condizione umana. Essa riflette semplicemente i pregiudizi delle società che hanno mantenuto la distinzione.
13. Le opinioni filosofiche idealiste e materialiste suppongono entrambe una divisione tra la cosa che pensa e la cosa pensata – tra la mente interna (il cervello) e la realtà esterna (l’ambiente). Se si toglie questa divisione entrambe le opinioni diventano ridondanti.
14. Gli idealisti pensano che le sole cose che esistono siano le idee; i materialisti pensano che la sola cosa che esiste sia la materia. Va ricordato che le idee non sono indipendenti dalla materia e che la materia non è che un’idea.
15. Gran parte dei problemi filosofici sono discussioni sul linguaggio. Nascono a causa di premesse sbagliate: a) che il linguaggio sia coerente, b) che siccome esiste una parola, deve esistere una “cosa” che essa rappresenta, c) che le cose che sono rappresentate dovrebbero essere di per sè coerenti.
16. La logica è un’illusione dell’immaginazione umana. Il vero e il falso non esistono affatto in natura – eccetto che nel pensiero umano.
III Dichiarazioni sulla scienza, sulla natura e sull’universo
1. La scienza non raggiungerà mai il proprio scopo di comprendere l’ultima natura della realtà. E’ una futile ricerca, anche se molti scienziati ancora non lo ammettono. L’universo (gli universi) sarà sempre più complesso di quanto noi potremo mai capire.
2. Il postumano abbandona la ricerca sull’ultima natura dell’universo e sulla sua origine ( risparmiando così un sacco di soldi).
3. Il postumano riconosce che le domande ultime sull’esistenza e sull’essere non hanno bisogno di risposte. La risposta alla domanda “perché siamo qui?” è che non esiste risposta.
4. Conoscere l’ultima natura dell’universo richiederebbe di conoscere tutto sull’universo, tutto ciò che è accaduto e che accadrà. Se una sola cosa non fosse conosciuta, implicherebbe che tutta la conoscenza dell’universo è parziale, potenzialmente incompleta e, pertanto, non ultima.
5. Nessun modello scientifico può essere completo, ma sarà sempre parziale e contingente. Perché un modello sia completo, si dovrebbero poter calcolare tutti i fattori di influenza, anche i più insignificanti. Dal momento che ciò è impossibile, lo scienziato deve prendere una decisione arbitraria su quali ignorare. Avendo ignorato alcuni fattori, il modello è incompleto, anche se ciò non vuol dire che sia inutile.
6. Il postumano accetta che gli umani abbiano una capacità finita di capire e controllare la natura.
7. Ogni origine è fine e ogni fine è origine. La teoria del caos è stata spesso illustrata con l’immagine del battito d’ali di una farfalla che provoca una tempesta dall’altra parte del globo. Ma se questo illustra la sensibilità dei sistemi agli stati iniziali, esso non calcola ciò che ha fatto battere le ali alla farfalla – un soffio di vento?
8. La logica che alla scala umana appare coerente non può necessariamente essere applicata alla scala microcosmica o macrocosmica.
9. La nostra conoscenza dell’universo è costretta dal livello di risoluzione al quale siamo in grado di osservarlo. La conoscenza è relativa al dato – il dato varia con la risoluzione.
10. Gli scienziati privilegiano l’ordine al disordine in base alla premessa che essi starebbero gradualmente scoprendo le leggi essenziali della natura. Questo è un errore fondamentale, la natura non è nella sua essenza né ordinata né disordinata. Ciò che percepiamo come un’informazione regolare e metodica, lo classifichiamo come ordine; ciò che percepiamo come irregolare e non metodico, lo classifichiamo come disordine. L’aspetto esteriore di ordine e disordine dice più sul modo in cui noi elaboriamo le informazioni, che sulla presenza intrinseca di ordine o disordine nella natura.
11. La scienza lavora sulla base di un ordine universale intrinseco. Essa suppone che tutti i fenomeni siano soggetti alle leggi fisiche e che alcune di queste leggi siano ben comprese, alcune parzialmente comprese, alcune ignote. Il postumano ritiene che le leggi non siano cose intrinseche alla natura e neppure cose che nascono semplicemente nella mente basandosi sulla natura. Questo rinforzerebbe la divisione tra mente e realtà che abbiamo già abbandonato. L’ordine che comunemente percepiamo intorno a noi, come pure il disordine, non è una funzione esclusivamente dell’universo o della nostra coscienza, ma una combinazione di entrambi, dato che in realtà non possono essere separati.
12. Tutto ciò che esiste in ogni luogo è energia. A parte il fatto che tutti i processi materiali sono indotti dall’energia, l’energia ha due proprietà principali:
a) si manifesta in un’infinita varietà di modi
b) si trasforma perpetuamente
13. L’aspetto della materia è un’illusione generata da interazioni tra i sistemi energetici a un livello di risoluzione umano.
14. Gli umani e l’ambiente sono espressioni differenti di energia; la sola differenza tra di loro è la forma che l’energia assume.
15. Il postumano è interamente aperto alle idee di “paranormalità” e “immaterialità”, al “sovrannaturale” e all'”occulto”. Il postumano non ritiene che la fede nei metodi scientifici sia superiore alla fede in altri sistemi.
IV Dichiarazioni su (dis)ordine e (dis)continuità
1. L’ordine e il disordine sono qualità relative, non assolute. La prova che ordine e disordine sono qualità relative si trova nel fatto che l’una definisce l’altra.
2. Si può considerare che ogni cosa che percepiamo contenga gradi diversi di ordine e disordine. La percezione di ordine e disordine è qualcosa di contingente al livello di risoluzione con cui è osservata.
3. Ciò che percepiamo come ordinato e disordinato è spesso determinato culturalmente. I logici affermeranno che esistono modi matematici di definire il disordine, l’entropia e la complessità – modi indipendenti dalla soggettività umana. Ma se queste definizioni possono essere utili in certe applicazioni, rimangono aperte a interpretazioni relativistiche.
4. In termini postumani le distinzioni apparenti tra una “cosa” e l’altra non sono il risultato di divisioni innate dentro la struttura dell’universo, ma sono piuttosto tutte insieme un prodotto
a) del modo in cui i procedimenti sensoriali operano nelle entità viventi
b) della varietà dei modi in cui l’energia si manifesta nell’universo
5. I modi in cui le manifestazioni di energia sono percepite da un osservatore possono sempre essere descritti da due semplici qualità – continuità e discontinuità. La continuità è la non-interruzione dello spazio-tempo. La discontinuità è una frattura nello spazio-tempo. Entrambe le qualità possono essere individuate in tutti gli eventi a seconda di come sono osservate. Ancora più importante, esse sono sperimentate simultaneamente.
6. Le manifestazioni di energia non devono essere viste come intrinsecamente continue o discontinue; ciò vale a dire che non ci sono qualità assolute di energia. Gli stati di energia appariranno continui o discontinui a un osservatore a seconda della sua posizione di osservazione. La qualità della (dis)continuità è sensibile al contesto.
7. Ciò che distingue le cose l’una dall’altra sono le percepite dis-continuità che esse mostrano. La differenza nelle manifestazioni di energia tra un filosofo e una sedia consente loro di essere distinti.
8. Il livello di complessità in un sistema non può essere definito in termini oggettivi (cioè, assoluti). La complessità è una funzione della cognizione umana, non una proprietà intrinseca di qualunque cosa cosa guardiamo.
V Dichiarazioni sul pensiero, sul significato e sull’essere
Fino a quando i modelli su come il cervello potrebbe funzionare saranno lacunosi (essendo basati su presupposti sbagliati), la creazione di una coscienza sintetica sarà impraticabile.
1. Il pensiero umano è qualcosa che accade in co-operazione con il corpo umano. Non è necessario identificare con precisione dove accade, perché non accade con precisione in alcuna ‘parte’.
2. E’ attraente immaginare i pensieri come blocchi di dati nel cervello. E’ invece un errore, poiché rinforza un modo statico di vedere l’attività mentale. Un pensiero è un percorso attraverso il medium cognitivo. Immaginiamolo in questo modo: prendendo la mappa dell’underground di Londra come un’analogia del modo in cui funziona la mente, qualcuno direbbe che ‘Ogni stazione della mappa rappresenta un pensiero e le linee rappresentano i collegamenti tra due di loro’. I postumani replicano che ‘Un pensiero non è una stazione della mappa, ma la strada da una stazione all’altra’. Cioè, un pensiero è realizzato nel procedere del viaggio, piuttosto che nell’essere una particolare destinazione.
3. Posto che un pensiero, per qualsivoglia ragione, sia attivato, esso consiste in un procedere del viaggio attraverso il medium cognitivo che sta alla base della mente. Un pensiero non esiste se non è pensato, altrimenti resta un campo di potenzialità, ovvero un attrattore. Il viaggio più probabile che un pensiero può fare, una volta che sia stato attivato, definisce il suo percorso. Pensieri simili seguiranno percorsi simili.
4. I percorsi possono essere creati in modi diversi, compresi l’esperienza diretta, l’apprendimento, la precognizione e l’atto stesso del pensare. In termini neuro-fisiologici, i percorsi includono le connessioni tra i neuroni e la probabilità della loro accensione, ma non sono ristretti a questi. Inoltre, la fabbrica neurale non è una sostanza statica. Essa cambia di continuo a causa della stimolazione e dell’attivazione ed è tanto adattabile quanto lo sono i muscoli e la pelle.
5. Il percorso che prende un pensiero non è uni-lineare nel modo in cui normalmente ci immaginiamo i percorsi. Un pensiero può prendere simultaneamente molte strade diverse. L’accadere di un particolare pensiero può richiederci di combinare insieme molti pensieri diversi.
6. Il fatto che pensieri differenti possano trovarsi in percorsi differenti, distinti allo stesso modo in cui ogni pensiero è distinto, ci mostra in che modo possiamo figurarci cose che non abbiamo mai visto. Probabilmente non abbiamo visto una “girl with kaleidoscope eyes”, ma possiamo immaginarci il suo aspetto creando un’immagine composita dei componenti, cioè viaggiando nello stesso tempo attraverso vari distinti percorsi di pensiero.
7. L’attività di pensare è regolata dal condotto di energia nel medium cognitivo. Questo medium non è differente da ogni altro sistema in cui esso rappresenti un particolare processo di trasformazioni di energia. Dove due pensieri sono continui (ad esempio ‘blu e cielo’ nella frase ‘il cielo è blu’) il percorso tra ciascuno di questi pensieri è ben stabilito e richiederà poca energia per passare dall’uno all’altro. Dove due pensieri non sono ben collegati (ad esempio ‘mirra’ e ‘argano’ nel composto ‘l’argano di mirra’), è richiesta più energia per fondere i pensieri, poiché essi hanno collegamenti meno ben-stabilizzati.
8. Le idee che possono procedere da una all’altra con uno sforzo (energia) relativamente piccolo possono considerarsi continue. Le idee che richedono uno sforzo grande per trasferirsi possono considerarsi discontinue.
9. La presenza o l’assenza di ‘significato’ è determinata dall’ammontare di energia richiesta per passare da un concetto all’altro. Il significato difficile nasce dalla coesistenza di concetti semanticamente distanti, cioè quando non c’è un collegamento ben-stabilizzato tra di loro. Tuttavia, il percorso tra concetti che abbiano un collegamento piccolo o assente può risultare troppo difficile da fare. Di certo non è facile metterlo insieme, secondo lo standard della maggior parte delle frasi, in una frase come ‘Echeggia il virile piatto basso della vespa’, peraltro non del tutto priva di senso.
10. Allo scopo di mantenere il senso di esistere gli umani cercano di stabilire una continuità come conseguenza degli stimoli ricevuti dall’ambiente. Tali stimoli sono sia stabili sia instabili, poiché l’ambiente rivela quantità diverse di ognuno. Lo sviluppo di percorsi di pensiero stabili in corrispondenza con stimoli stabili genera un senso di ordine. Con il tempo, tale stabilità si sviluppa in un senso di esistere.
11. Se il senso di ordine non fosse perpetuamente minacciato dal ricorrere di stimoli casuali, non ci sarebbe alcuna spinta verso il ri-affermare l’ordine. Ma dato che gli umani devono continuamente affrontare stimoli casuali, è necessario continuare a ri-affermare l’ordine (mantenendo un significato) per non dissolverci nel caos.
12. In termini postumani, è irrilevante attraverso quale meccanismo questo processo di esistere accada. Lo stesso effetto può ottenersi in molti altri modi. E’ vero che possiamo imparare dall’umano ciò che è necessario per esistere, ma non significa che sia l’unico modo implementabile.
VI Dichiarazioni sull’incertezza
1. L’era umanista era caratterizzata dalla certezza sul funzionamento dell’universo e sulla posizione degli umani al suo interno. L’era postumana è caratterizzata dall’incertezza sul funzionamento dell’universo e sul che cosa vuol dire essere umani.
2. Nell’era postumana nascono domande che non ci avrebbero creato problemi nell’era umanista: Che cos’è un umano? Esiste qualcosa del genere?
3. Storicamente possiamo dire che l’era postumana, età dell’incertezza, sia nata nel periodo antecedente la Prima Guerra Mondiale, poiché quello fu il tempo in cui nacquero la fisica quantistica e il cubismo. Le conseguenze di entrambi erano chiare: ‘Non esistono cose, solo probabilità’, per dirla con Heisenberg.
4. L’incertezza sta diventando qualcosa di familiare. C’è incertezza sull’impiego che dura tutta la vita, sulle teorie politiche ed economiche, su ciò che accade all’ambiente, sul se il progresso scientifico sia sempre benefico e sul dove ci sta portando la tecnologia.
5. Che cosa possiamo dire sia certo? Soltanto quello che dobbiamo accettare come certo per qualche altra ragione.
6. In termini postumani l’incertezza non è nulla di cui aver paura. Il mondo è sempre stato incerto come lo è adesso. Ciò che è cambiato è che adesso è molto più difficile imporre un’autorità, poiché l’aumentato flusso di informazioni sminuisce l’autorità: c’è più informazione, quindi c’è meno falso senso di certezza. La certezza, come la fede nasce solo nell’assenza di un’informazione completa.
7. L’incertezza è certa.
VII Dichiarazioni sull’arte e sulla creatività
La produzione e l’apprezzamento dell’arte è una particolare facoltà umana. Spesso è citata dagli umanisti come l’espressione più alta del pensiero umano, la cosa che maggiormente ci distingue dalle macchine. Sarebbe quindi elegante ammettere che l’era postumana non può cominciare in pieno fintanto che non abbiamo affrontato questa sfida degli umanisti. Allo scopo di sviluppare una macchina che possa produrre e apprezzare l’arte, dobbiamo per prima cosa avere una comprensione più chiara di ciò che essa è.
1. Che cos’è l’arte? Una definizione utile è che essa descrive un prodotto del mercato dell’arte. Dobbiamo distinguere tra un oggetto d’arte e un oggetto esteticamente stimolante. Un oggetto d’arte è un prodotto messo in commercio sul mercato dell’arte. Un oggetto estetico è apprezzato per la sua qualità estetica. Alcune cose possono essere sia un oggetto d’arte sia un oggetto estetico, come gli ‘Iris’ di Van Gogh. Alcune cose possono essere oggetti estetici senza essere arte, come un tramonto o un iris.
2. Molte persone pensano che molta arte moderna non sia arte, perché ritengono che essa manchi di valore estetico, anche se spunta prezzi alti sul mercato dell’arte. Costoro stanno semplicemente confondendo il valore artistico e il valore estetico di un oggetto. Questi due valori sono del tutto separati, ma sono anche naturalmente collegati. ‘L’arte è un prodotto come un altro’, affermò Daniel Kahnweiler, procuratore di Picasso. L’arte è un prodotto estetico.
3. Per essere chiari: il mercato dell’arte può essere definito come un insieme definito di istituzioni e organizzazioni commerciali che collettivamente fondano, promuovono e vendono arte.
4. L’arte è (ed è sempre stata) elitaria ed esclusiva, allo scopo di mantenere il proprio valore e prestigio finanziario. Molti artisti moderni si servono dell’elitarismo estetico per garantire un’esclusività che, nel tempo, assicuri e sostenga il livello dei valori. E quindi l’arte serve per distinguere la gente ricca da quella povera.
5. L’arte buona è esteticamente stimolante, l’arte cattiva è esteticamente neutra.
6. I criteri che determinano se qualcosa è stimolante esteticamente o neutro esteticamente sono parzialmente soggetti al mutare della società.
7. L’arte buona contiene un elemento di disordine (discontinuità), l’arte cattiva rinforza semplicemente un ordine già esistente.
8. L’arte buona promuove la discontinuità, l’arte cattiva rafforza la continuità.
9. La discontinuità produce esperienze stimolanti esteticamente, la continuità produce esperienze neutre esteticamente.
10. La discontinuità è la base di ogni creazione, ma la discontinuità non ha senso senza la continuità.
11. L’esperienza estetica ricca è generata dalla percezione simultanea di continuità e discontinuità nello stesso evento.
12. Ogni progetto stimolante si affida al bilanciamento dei relativi quozienti di ordine e disordine nell’oggetto. Questo vale anche per la composizione di musica e letteratura. Tuttavia, tali giudizi non si possono dare separatamente dal fatto che i valori di ordine e disordine sono largamente prescritti dal contratto sociale.
13. L’arte postumana si serve della tecnologia per promuovere la discontinuità. Le società sane tollerano la promozione della discontinuità poiché capiscono che gli umani, a dispetto di se stessi, hanno bisogno di esporvicisi. Le società non sane scoraggiano la promozione della discontinuità.
14. La creatività non consiste nella produzione di qualcosa di completamente nuovo. La creatività consiste nel combinare cose che esistono già, ma che in precedenza erano state tenute distinte. La creatività e l’apprezzamento estetico sono entrambi funzioni dell’abilità umana di modificare, o di aver modificato, le connessioni nei percorsi di pensiero.
15. Il processo di stimolazione estetica è elevato quando i concetti sono forzati insieme da locazioni relativamente diverse in modo discontinuo. L’ammontare di energia richiesto per contemplare concetti diversi produce il rush of excitement familiare a chi apprezza l’arte.
VIII Dichiarazioni sugli esseri sintetici
Abbiamo già macchine che possono imparare. Tuttavia le loro abilità sono al momento limitate dal fatto che esse sono logiche. La logica è un sistema idealizzato e autoreferenziale sviluppato dall’immaginazione umana. Dal momento che esistono poche cose meno logiche nel modo di comportarsi che gli esseri umani, nessuna macchina costretta a usare la logica come base mostrerà mai caratteristiche umane.
1. Attualmente l’output di un computer è prevedibile. L’era postumana comincerà in pieno quando l’output dei computer sarà imprevedibile.
2. La maggior parte delle macchine con intelligenza artificiale è ermeticamente sigillata. Esse sono limitate dalla complessità dei calcoli che le nostre macchine possono gestire. Sono sensibili soltanto a un numero finito di stimoli e il quoziente di casualità al loro interno è relativamente piccolo.
3. Il pensiero umano non è un sistema ermetico e lineare. Dal momento che sappiamo che la mente, il corpo e l’ambiente non possono essere separati, noi non possiamo ignorare l’impatto di ogni stimolo ambientale sul processo di pensare, non importa quanto piccolo esso possa sembrare.
4. Ciò che è essenziale al funzionamento della coscienza umana è che la mente riceve un continuo input di stimoli casuali dall’ambiente. La mente umana si è evoluta per assorbire l’inaspettato – lo stimolo discontinuo.
5. La spinta ad affermare l’ordine in opposizione agli stimoli casuali contribuisce al nostro senso di essere. Perciò è ovvio che se noi dobbiamo creare una qualche intelligenza sintetica, che possieda una senso di essere come quello che riconosciamo in noi stessi, essa dovrà essere sensibile allo stesso livello di interruzione casuale degli umani. Essa dovrà avere una spinta a ri-affermare senso contro input sia stabili sia instabili e dovrà essere anche capace di adattarsi e di avvantaggiarsi delle possibilità creative offerte dagli stimoli non-lineari.
6. Se desideriamo produrre un’intelligenza sintetica che mostri creatività, allora abbiamo bisogno di essere capaci a stabilire connessioni tra i suoi pensieri in modo discontinuo. Ciò sarà ottenuto rendendola perpetuamente sensibile a stimoli casuali.
7. Se desideriamo produrre un’intelligenza sintetica che mostri apprezzamento estetico, allora essa dovrà essere in grado di sentire simultaneamente la continuità e la discontinuità – senza bloccarsi. Ma se questo provocherà eccitazione nella macchina, è ancora da stabilirsi a quale grado sarebbe piacevole.
8. Gli umanisti hanno visto se stessi come esseri distinti in una relazione antagonistica con ciò che li circonda. I postumani, d’altro canto, considerano il loro stesso essere come incorporato in un mondo tecnologico esteso.